Con tutte le tecnologie la nostra cultura non fa che interpretare, produrre, riprodurre e trasmettere la Natura. Noi siamo natura e non possiamo che generare natura, anche gli oggetti e gli artefatti a cui conferiamo “intelligenza”, “vita”, lo sono. L’esistente genera l’esistente, e questo esistente è sempre natura. Non c’è che natura. A questa natura noi apparteniamo e insieme sfuggiamo, essa ci rispecchia e nel contempo si sottrae. Siamo parte di un’avventura a cui è impossibile rubare il nostro destino o non partecipare. […] Se la nostra cultura non può più sostenere la convinzione della sua estraneità e superiorità, può guardarsi intorno con uno sguardo più lungo.
[Pier Luigi Capucci, “Tecnologie del vivente”, in Mario Morcellini, Michele Sorice (a cura di), Futuri immaginari, Roma, Logica University Press, 1998, p. 40]
With all technologies our culture can only interpret, produce, reproduce and transmit Nature. We are nature and we can only generate nature, the objects, the artefacts to which we give “intelligence”, “life”, are nature too. The existent generates the existent, and this existent is still nature. There is nothing but nature. We belong to nature and concurrently it escapes, it reflects us and at the same time it slips away. We are part of an adventure in which it is impossible to steal our destiny or not to participate. […] If our culture can no longer sustain the conviction of its extraneousness and superiority, it can look around with a longer look.
[Pier Luigi Capucci, “Tecnologie del vivente”, in Mario Morcellini, Michele Sorice (eds.), Futuri immaginari, Rome, Logica University Press, 1998, p. 40]