Nell’Aprile 2015 ho partecipato, con la relazione “Architetture del simbolico. Forme del contemporaneo tra immagine e scrittura”, al secondo degli incontri di “Verbo-visioni. Dicibile e visibile sono una cosa sola”, organizzati da Riccardo Caldura all’Accademia di Belle Arti di Venezia, di cui ho parlato in un post precedente. A questo incontro sono intervenuti Giulio Alessandri, Luca Farulli, Francesco Poli, Tiziano Possamai, Sandro Sproccati, Luca Taddio e Antonello Tolve. Oltre alle conferenze, sulle stesse tematiche Riccardo Caldura curava anche una bella mostra. Ora gli atti di quelle conferenze, insieme al catalogo della mostra, sono usciti in due volumi per i tipi di Mimesis.

 

Di seguito un estratto dal mio intervento, che è possibile scaricare integralmente da qui:

“In genere questi argomenti vengono trattati spesso in maniera tradizionale. Per diversi anni ho collaborato con Lamberto Pignotti, un maestro del verbo-visivo, all’Università di Bologna, e probabilmente la mia passione per questi argomenti nasce proprio da lì. E ti ringrazio molto per aver detto che il mio libro Arte & tecnologie non invecchia, a differenza di chi lo ha scritto. Quel libro ha una storia abbastanza curiosa: è uscito nel 1996 per una casa editrice di amici, di Bologna, che all’epoca pubblicava una rivista di arte contemporanea che si chiamava La Stanza Rossa. Poi la casa editrice, nel giro di qualche anno, ha chiuso i battenti e sono tornato in possesso dei diritti del testo, che è stato uno dei primi, forse il primo in Italia, su questi argomenti. Inizialmente l’ho messo on line e poi ne ho fatto un eBook, perché credo che le questioni che tratta siano ancora valide e attuali.

 

Parlerò del rapporto fra immagine e testo partendo da alcune considerazioni che propongo all’inizio dei miei corsi di Fenomenologia. Dedico le prime due lezioni alla dimensione del simbolico, perché la scrittura, l’immagine, e prima l’oralità, derivano dalla dimensione simbolica. Siccome tutto ciò che la nostra cultura crea poggia sul simbolico, penso che approfondire questo argomento sia importante specialmente per chi opera, come avviene in accademia, su immagini e testi. Dato che raccontare queste cose può essere noioso, insieme ai miei studenti faccio un viaggio all’indietro nel tempo. Parto dai segni indicali, dunque dagli albori del simbolico, da quando qualche milione di anni fa i nostri avi arcaici hanno iniziato a comunicare con i gesti, con i segni indicali. Poi, via via, attraverso l’oralità, la scrittura e le immagini, l’umanità acquisisce una serie di competenze e opportunità, fino alla temperie contemporanea. In questo modo è più semplice ed efficace capire quali sono le caratteristiche introdotte dalle modalità di comunicazione (oralità, immagini, scrittura…), quali nuove possibilità consentono e quali sono gli effetti collaterali. Questo percorso mostra anche come nessuna delle forme consolidate scompaia con l’avvento delle nuove: i segni indicali non scompaiono con l’oralità, l’oralità non scompare con l’avvento delle immagini e l’immagine non scompare a causa della scrittura.

 

 

Stringendo molto il discorso, tutto ciò che siamo come umanità poggia sulla dimensione simbolica. Il simbolico nasce a partire dal corpo, si fonda sul corpo e genera – prima con l’oralità, poi attraverso l’immagine e la scrittura, quindi via via con strumenti evolutisi in decine di migliaia di anni – un rapporto formidabile col mondo. Ciò che siamo oggi, nel bene e nel male, deriva dalla capacità simbolica. La capacità simbolica non implica necessariamente l’intelligenza. Molto spesso capita di leggere o ascoltare frasi come “siamo la specie più intelligente sul pianeta”, o “l’intelligenza appartiene solo all’umanità”: sono delle sciocchezze, perché basano l’“intelligenza” su una caratteristica, quella simbolica, che è peculiare soprattutto della nostra specie. Sarebbe come se, essendo un elefante dicessi che “sono il più intelligente perché sono il più grosso”, oppure, essendo un ghepardo, che “sono il più intelligente perché sono il più veloce”. La capacità simbolica, posseduta anche, sia pure in minor parte, dai primati superiori (scimpanzé, orango, gorilla), ci ha reso quello che siamo: delle creature basate sul simbolico, o, per usare un termine forse più comprensibile, fondate sul linguaggio. Questa mattina qualcuno ha detto che parliamo il linguaggio, ma siamo anche parlati dal linguaggio. Da un lato il linguaggio ci consente di conoscere ciò che avviene sulla Terra, e di interagire, anche pesantemente, sull’ambiente in cui viviamo, deteriorandolo. Tuttavia il linguaggio è anche all’origine della capacità di riflettere su noi stessi e sul mondo, permette di declinarci al futuro, di comprendere le problematiche e possibilmente anche di trovare le soluzioni.

 

 

La storia dell’umanità potrebbe essere considerata dal punto di vista dell’introduzione dei mezzi di comunicazione. Dalle origini fino alla molteplicità dei media contemporanei – comunque sempre basati su segni indicali, oralità, immagine e scrittura – l’evoluzione dell’umanità potrebbe essere descritta come la ricerca della capacità di comunicare sempre più velocemente, sempre più lontano, in maniera sempre più affidabile ed economica.”

Il resto del mio intervento si può  scaricare da qui.