
Qualche giorno fa con alcuni studenti dell’Accademia di Belle Arti di Urbino sono finalmente andato a “vedere”, ma sarebbe meglio dire “ascoltare”, la camera ambisonica del Conservatorio “Rossini” di Pesaro, a cui ero stato invitato da uno dei due realizzatori, David Monacchi (l’altro è Eugenio Giordani), sin dall’inaugurazione avvenuta nel 2013. SPACE (Soundscape Projection Ambisonic Control Engine), questo il nome della struttura, prima in Italia, è una sala con pareti inerti organizzata come una sfera sonora con 21 altoparlanti controllati digitalmente, geometricamente equidistanti e perfettamente calibrati, che può essere estremamente utile nella ricerca sul suono.
L’interno di SPACE (Soundscape Projection Ambisonic Control Engine) al Conservatorio di Pesaro
Come recita il documento che la descrive, il sistema “permette il controllo del campo sonoro tridimensionale in prossimità di un’area d’ascolto centrale, rendendo possibile la creazione e manipolazione di sorgenti sonore virtuali o la riproduzione di qualsiasi ambiente acustico reale nel dominio dello spazio 3D, inclusa quindi la componente verticale”.
Diviene dunque possibile simulare un evento sonoro nella sua completa dimensione spaziale, locazione, evoluzione nell’ambiente, nonché ricostruire paesaggi sonori complessi, come per esempio gli ambienti naturali con tutti gli eventi sonori che vi avvengono (in particolare abbiamo ascoltato un campione ottenuto in una foresta equatoriale, immersi in un habitat vivo e pieno di fascino). Oltre a simulare – a ricostruire – eventi sonori reali, il sistema, che ha principalmente finalità didattiche, di ricerca e di produzione, consente di creare anche eventi immaginari, cioè di far viaggiare in spazi sonori inesistenti o impossibili, dotati di caratteristiche spaziali e dinamiche realistiche ma inventate. All’interno di SPACE, introdotti nelle loro particolarità dagli autori della camera ambisonica, abbiamo potuto ascoltare diversi brani che andavano dalla musica classica a quella contemporanea, fino alla riproduzione degli ambienti naturali delle foreste tropicali: un ascolto davvero emozionante.
Si amplia quindi, in maniera rilevante, la capacità di fornire ai suoni un ambiente, sia all’interno di una prospettiva documentaria sia per finalità di natura artistica. Gli attuali dispositivi, le sale d’incisione, i device impiegati nei concerti live, i sistemi di spazializzazione (stereofonia, quadrifonia, olofonia) consentono notevoli possibilità di intervento sul suono e sulla sua manipolazione. La camera ambisonica porta a compimento questo percorso di ricostruzione, manipolazione e invenzione aggiungendo una precisione e una dimensione realistica altrimenti impensabili. Un ambito di ricerca piuttosto interessante e promettente, in cui l’ambiente, il contesto acustico, può diventare uno strumento sonoro in mezzo agli altri strumenti, con una propria voce, in maniera ben più sofisticata della sala d’incisione. E diversi musicisti contemporanei stanno utilizzando queste possibilità.

I due autori di SPACE, David Monacchi (a destra) e Eugenio Giordani
L’aspetto della fruizione sonora è un argomento delicato. Davanti a un’immagine o a una struttura fisica visualizzabile le persone vedenti sono in grado, almeno basilarmente, di seguire e descrivere le forme, la loro disposizione nello spazio, la loro trasformazione, nella maggior parte dei casi anche i loro colori. Nell’ambito dell’ascolto musicale, per esempio della musica pop, ci si rende conto invece di quanto questi elementi siano trascurati: in genere le persone non fanno caso a dove, nell’ambiente sonoro che normalmente è stereofonico, sono spazialmente disposti gli strumenti (la voce, il rullante o la cassa della batteria, il basso, la chitarra, le tastiere…). Non sono in grado di riconoscere e di memorizzare consapevolmente queste caratteristiche, nonostante siano fondamentali nella qualità dell’ascolto. Lo spazio sonoro viene quindi quasi completamente trascurato o ridotto a effetto. Il che porta alla conclusione che la sensibilità (risoluzione) sonora/acustica è comunemente meno raffinata di quella visuale, e che in genere, in particolare nella musica pop, la musica non viene ascoltata, ma consumata.

Il gruppo di studenti e docenti
Questo sistema può essere utile in molte occasioni. In campo didattico, nell’educazione all’ascolto e nella ricerca acustica, nello studio della percezione sonoro-musicale e nell’”ecologia acustica”, nella creazione di applicazioni software per la spazializzazione 3D del suono. In campo artistico, nella composizione elettroacustica, in quella eco-acustica e nella produzione musicale per musei ed eventi. Ma anche, utilizzandolo come “metastrumento”, in numerose situazioni che vanno dalla creazione di spazi e percorsi sonori impossibili alla ricostruzione di ambienti, all’impiego in installazioni artistiche, ad applicazionni nel campo della scenografia. E anche in campo scientifico, etologico, nell’ambito dello studio e dell’ascolto degli habitat naturali, data la possibilità di immergersi nella loro complessità sonora.

Parte dell’archivio di elettronica musicale del Conservatorio di Pesaro

Parte dell’archivio di elettronica musicale del Conservatorio di Pesaro