
Scrivo solo ora, dopo un paio di intense settimane, dell’incontro “Verbo-visioni. Dicibile e visibile sono una cosa sola”, tenutosi all’Accademia di Belle Arti di Venezia, a cui Riccardo Caldura, che l’ha organizzato e che da tempo fa ricerca su questo argomento, mi ha invitato a intervenire.
L’avventura delle relazioni tra parola (orale, scritta, stampata) e immagine sta conoscendo una nuova fortuna, dopo avere attraversato alcune delle avanguardie del ‘900 (Futurismo, Dadaismo… per arrivare in Italia alla Poesia visiva) fino a giungere alla contemporaneità, come ha puntualizzato la bella mostra che ha affiancato il convegno. Una simbiosi di grande attualità anche nell’arte contemporanea, come ho cercato di dimostrare col mio intervento, che tuttavia va ben al di là dei mondi dell’arte e della comunicazione. Che mediante le tecnologie informatiche si situa in ambiti più o meno volutamente tenuti nascosti e invisibili ai più, che soggiacciono alle logiche progettuali dei sistemi operativi, delle interfacce e più in generale alle codifiche del digitale. Esempi in questo senso sono la programmazione informatica, l’hex dump (cioè la rappresentazione esadecimale, su schermo o su carta) dei documenti memorizzati nei computer, le notazioni invisibili dei file, l’html…
Da allievo e poi collaboratore all’Università di Bologna di Lamberto Pignotti, uno dei padri della Poesia visiva italiana e tra i maggiori poeti visivi contemporanei, questa riattualizzazione delle relazioni tra parola e immagine non può che rallegrarmi, anche perché promette, come in passato, nuove interessanti acquisizioni. L’ambito della “verbo-visione”, con l’attività saggistica che in Pignotti ha sempre affiancato la dimensione artistica, ha infatti avuto dei meriti che spesso sono stati sottovalutati se non del tutto trascurati. In primis l’aver rivalutato, non solo dal punto di vista artistico, forme comunicative considerate secondarie o addirittura deteriori, come la pubblicità e i costrutti dei mass media, aprendo la strada a studi in ambito storico-artistico, sociologico e semiotico.
In secondo luogo la Poesia visiva, e la ricerca di Pignotti in particolare, hanno criticamente riconosciuto l’importanza e auspicato il recupero delle sensorialità “secondarie”, sacrificate alla pervasività delle immagini, dei suoni, degli audiovisivi, di quella che una volta Umberto Eco ha chiamato, mi pare in Apocalittici e integrati, la “civiltà della visione e del rumore”. Da qui la rivalutazione artistica e comunicativa di sensi come l’olfatto, il tatto, il gusto, lo studio di argomenti come la percezione, l’unitarietà della sfera sensoriale, la centralità del corpo, le sinestesie. Argomenti che finivano col collegarsi a ricerche in corso in discipline emergenti nel campo delle scienze cognitive, come per esempio la “biologia della conoscenza” di Humberto Maturana e Francisco Varela.
La “polisensorialità” (o “plurisensorialità”, o “multisensorialità”), le sinestesie, la corporeità, evidenziate dalla Poesia visiva e dal lavoro di Pignotti, hanno rappresentato e tuttora rappresentano elementi importanti nella ricerca e nelle applicazioni sulle interfacce informatiche, sui dispositivi di interazione, più in generale in tutte quelle situazioni in cui il corpo e i sensi costituiscono il fulcro dell’esperienza comunicativa, estetica, artistica. Oggi tutto questo è agli atti del presente ma oltre vent’anni fa stava fondando il futuro, stava contribuendo a progettare gli strumenti che oggi usiamo giornalmente, le esperienze che facciamo con dispositivi abituali nel nostro habitat quotidiano. Non è dunque un caso che sia stato proprio Lamberto Pignotti a darci un suo saggio per il primo numero di NetMagazine (poi divenuto MagNet), considerato il primo magazine online in Italia, realizzato nel Marzo 1994 con alcuni dei nostri studenti all’Università di Bologna in collaborazione con l’editore Baskerville.

Jodi, %Location, net.art, 1995

La schermata iniziale di NetMagazine
Dunque è importante, secondo me, continuare ad approfondire gli elementi della visionarietà estetica ed etica che scaturisce dalle relazioni tra testo e immagine, anche nelle forme della contemporaneità tecnologica. E mi auguro che in futuro ci saranno ulteriori opportunità di riflessione e discussione.

Ritratto fatto al sottoscritto dal robot Paul, costruito da Patrick Tresset