[ITA] Un’intervista che ho rilasciato un po’ di tempo fa e che è stata pubblicata online all’interno di un ciclo a cura di Alessio Chierico. È solo in italiano.
[ENG] An interview I granted some time ago, which has been published online in a series curated by Alessio Chierico. Sorry, only in Italian.

Da quanti anni insegna nell’ambito delle culture e arti tecnologiche? In questi anni ha visto dei cambiamenti nelle nuove generazioni di studenti?

Ho iniziato all’Università di Bologna, nel 1985, con un seminario pochi mesi dopo la laurea. Negli studenti non ho visto dei cambiamenti nelle capacità. Certamente, invece, ci sono stati dei grandi cambiamenti negli strumenti di uso quotidiano, che hanno influito anche sull’apprendimento. Per esempio nei primi anni ‘90 all’inizio del corso ero solito chiedere quanti studenti usassero il computer. Fino alla fine degli anni ‘90 ‘erano poche mani alzate, ma dal 2000 questa domanda non ha avuto più senso. Qualcosa di analogo vale per i telefoni cellulari, che oggi sono molto di più che dei semplici dispositivi per la telefonia mobile.

Solo recentemente in Italia si sta assistendo ad un forte interesse verso le tematiche riguardanti le arti tecnologiche. Secondo lei, siamo pronti a competere a livello internazionale da un punto di vista quantitativo e qualitativo dei progetti?

In Italia dal punto di vista qualitativo senza dubbio esistono delle individualità di spicco che realizzano progetti eccellenti anche in ambito internazionale. Dal punto di vista quantitativo credo che scontiamo carenze, formative, culturali ed economiche, e dunque, tranne poche eccezioni, fatichiamo a proporre e a sostenere queste forme artistiche.

Viviamo in un paese ricco di tradizione artistica. Il peso della cultura che ci trasciniamo è un limite per l’innovazione e la ricerca tecnica e artistica, o può essere un punto da sfruttare a favore?

Io non penso mai che il bagaglio culturale di una nazione possa costituire un ostacolo o un peso per l’innovazione: al contrario, penso che possa e debba costituire un’opportunità. La sensibilità al nuovo, la capacità di innovare, riguardano l’intenzione di una cultura e di una società di interrogarsi sul presente e sul futuro, che significa anche declinare al futuro la propria tradizione, il proprio passato.

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